“Louie Louie”: vita, disgrazie e successo. Con una canzone
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#Marginalia trentasei
Il Berry che non è Chuck
Gli ultimi saranno i primi, nel regno dei cieli… e, per una volta, anche nel mondo del rock ‘n’ roll.
I lustrini e le luci della ribalta appartengono alle grandi star, ai nomi altisonanti che hanno infiammato i palchi. Tuttavia, per fortuna, oggi vi racconto la storia di Richard Berry, che ci ha messo un po’ per ottenere il meritato successo ma, alla fine, ha ricevuto il tributo (ed il compenso) agognato, non senza un decalogo di sfighe a precederlo.
Forse non siamo abituati a dar risalto a chi, troppo spesso, ha un ruolo “marginale” nella storia dello spettacolo. Questo, però, è il principale intento con cui è nata la nostra rubrica… che alle cose marginali fa caso eccome, anzi, le ama!
Il Berry dietro le quinte
Essere la persona giusta al momento sbagliato è uno stile di vita, quello di Richard Berry.
Nato l’11 aprile 1935 (sì, domani è il suo compleanno) in Louisiana, Richard Berry ha trascorso praticamente tutta la vita a Los Angeles, dove è stato un songwriter, cantante, polistrumentista e talent-scout ed ha collaborato con i più grandi artisti della scena R&B di Los Angeles negli anni ’50… tuttavia si può dire – a posteriori – che il suo tempo non abbia riconosciuto a sufficienza il suo talento.
Per dirne una: nel 1959 con la sua band, The Pharaohs, incise la canzone “Have Love Will Travel” che, però, è diventata un cavallo di battaglia intramontabile e potentissimo per qualcun’altro… i Sonics.
Come si anticipava, ha fatto parte di diverse formazioni, anche come pianista, dimostrando una versatilità non indifferente, nonché una capacità autoriale davvero incisiva: sua, infatti, è “Louie Louie“, la canzone universale da festa più coverizzata al mondo (alle cover, peraltro, ci eravamo già interessati qualche articolo fa).
La storia che c’è dietro – giuro – è pazzesca!
Un backstage, un matrimonio e un pentimento
Dopo la fondazione dei Flairs, Berry aveva intenzione di dedicarsi anima e corpo al doowop, ma gli si è presentata l’occasione di registrare con la Flip Records (ad altre case discografiche avevamo accennato anche qui) insieme ad una band da club, Rick Rillera & The Rhythm Rockers, assestata su sonorità calypso e latineggianti.
La “leggenda” narra che nel 1955, tra un set musicale e l’altro, Berry stesse riascoltando i pezzi da suonare con Rick e compari, intervallandoli con “Havana Moon” di Chuck Berry e addirittura “One For My Baby” di Frank Sinatra… questo mix esplosivo ha partorito un’ispirazione talmente straripante da essere immediatamente trascritta su un tovagliolo nel backstage, anzi qualcuno azzarda a dire che fosse un rotolo di carta igienica, per la verità.
Supporti poco nobili a parte, il risultato fu “Louie Louie”, la party song per antonomasia e – non so se lo sapevate – una delle canzoni che ha più versioni in assoluto… c’è addirittura chi ne cita circa 1600!
All’inizio “Louie Louie” doveva esistere semplicemente come lato B di “You are my sunshine”… e, in effetti, l’impatto immediato del pezzo non è stato poi così incisivo… anzi, direi che è passato quasi in sordina, causando un errore fatale al suo “sfigato” ideatore.
Nel ’57 Richard Berry doveva sposare la bella Dorothy (la lady nella foto poco sopra) e i 750 miseri dollari a cui ha venduto i diritti del suo pezzo gli facevano comodo per pagare le spese del matrimonio… mai nozze furono più care, col senno di poi!!!
Quante Louie Louie?!
“Louie Louie”, dopo qualche anno, esplode, letteralmente: Otis Redding, The Beach Boys, The Kinks, Jan & Dean, The Troggs, The Beatles, The Byrds, Frank Zappa, Motorhead, Led Zeppelin, MC5, Toots & The Maytals, Iggy Pop, The Clash, Blondie, Lou Reed, Patti Smith, Grateful Dead, The Doors, Tom Petty, Ike & Tina Turner, Dave Matthews, Johnny Winter, Smashing Pumpkins e Bruce Springsteen… sono solo alcuni degli innumerevoli artisti che ne hanno sperimentato e registrato un personale arrangiamento.
E i diritti per Richard? Un attimo di pazienza.
Born to lose, live to win
Citando il grande Lemmy dei Motörhead, giacchè siamo in tema, fin qua la carriera di Richard Berry sembra una collezione autentica di sfighe da manuale.
Poi, però, sono arrivati gli alcolici… che, notoriamente, salvano la vita in svariate situazioni. Negli anni ’80, infatti, una società chiamata California Cooler voleva usare “Louie Louie” nella versione 60s di The Kingsmen come pubblicità per una bevanda alcolica, ma gli venne risposto che avrebbero dovuto prima ottenere il permesso del compositore.
Così un illuminato avvocato, per la prima volta, andò a chiamare Richard Berry, che ottenne finalmente il giusto compenso per la sua canzone e… divenne miliardario!
Da qui in poi una escalation di tributi (che è arrivata fino a Facebook, pensate).
Ne menziono due tra i più clamorosi. Nel 1983 un’enorme manifestazione intitolata “Maximum Louie Louie” celebra, per 63 ore consecutive, il gigantesco impatto che il pezzo ha avuto nella storia della musica, riproducendo 800 versioni diverse della canzone. E ancora: nel 2003 a Tacoma (Washington) 754 chitarristi hanno suonato “Louie Louie” per l’annuale festival ad essa dedicato.
“Fai il bene e scordatene”
Mia nonna lo diceva sempre: “Fai il bene e scordatene”. Era nata nel 1938, quindi era coetanea di Richard Berry, seppure dall’altra parte del globo.
Certe generazioni sono così, evidentemente: sapevano, meglio di noi, che c’è vergogna e pentimento solo nel compiere il male… a fare il bene, invece, forse in un primo momento sembra anche che ci si rimetta ma, poi, l’amore e la buona sorte trovano sempre il modo di tornare indietro. Abbiate pazienza.
A tutti i “perdenti” che non hanno paura di dare senza ricevere, oggi, va il mio pensiero: non fa niente se ci definiscono “marginali”, illusi, solitari, noi siamo coraggiosi e – alla fine – il coraggio paga.
Ed anche se non dovessimo ricevere, a posteriori, i riconoscimenti meritati, poco male… io vi vedo, in mezzo alla folla, anime speciali, vi vedo e vi canto “Louie Louie” mentre prendete l’ennesima delusione in faccia.
Alle brutte avremo comunque un motivo per brindare, no?
Baci velenosi (e alcolici),
Vanì Venom