La più grande session woman di tutti i tempi
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#Marginalia trentasette
Se possedete un certo numero di dischi a casa, anche esiguo, è matematico che fra questi ci siano i suoni di Carol Kaye.
Oltre 10mila brani registrati tra chitarra e basso, quasi 60 anni di carriera all’attivo e un curriculum talmente sorprendente da farle meritare il primato assoluto come turnista internazionale, senza distinzione di genere sessuale.
La sua vita e il suo lavoro sono unici, un monumento alla costanza e alla professionalità: oggi parliamo di lei, onnipresente nella storia della musica!
Suonare per vivere, vivere per suonare
Carol Kaye nasce nel 1935 a Everett, nello stato di Washington, e si trasferisce a Los Angeles da piccolissima. Figlia d’arte – si può dire – perché i suoi genitori, d’umile estrazione socio-economica, sono entrambi musicisti.
A soli 9 anni inizia a lavorare, parallelamente alla scuola, per poter aiutare la madre, da poco divorziata. Uno dei rarissimi (e profetici) regali che riceve in questi anni difficili è una chitarra, acquistata da un improbabile ambulante a due soldi. Ma il talento non ha prezzo e non si compra!
Il caso o il destino l’hanno spinta a Long Beach, dove un’amica prendeva lezioni di chitarra da Horace Hatchett, già famoso nel circuito jazz di Los Angeles. Fu amore al primo accordo!
Il maestro, sentendola suonare, desidera subito averla come allieva. Nel giro di qualche mese, a soli 13 anni, affianca l’insegnante nelle lezioni ed è già una musicista professionista. Dalla metà dei ’50 suona spessissimo nei locali black di LA, ma è il 1957 a segnare l’inizio della sua inaspettata fortuna.
Bumps Blackwell (musicista, arrangiatore e produttore di Little Richard, Ray Charles, Quincy Jones e altri) si trova fortuitamente al Beverly Caverns, il locale in cui Carol – poco più che ventenne – sta suonando assieme ad altri musicisti. Blackwell le lancia qualcosa a metà tra un’opportunità ed una sfida: suonare con Sam Cooke.
Sulle prime l’idea non la entusiasma, ma all’epoca ha già divorziato dal primo marito e ha due figli da mantenere, è stanca del lavoro diurno poco redditizio e molto umiliante e, in fin dei conti, arrotondare non sarebbe male.
Proprio con le sessioni di Cooke ha inizio la sua lunga carriera di turnista… è ancora una chitarrista, però.
Bassista per caso
Le vicende di una bassista per caso (e professionista per scelta) iniziano nel 1963 negli studi della Capitol Records, dove imbraccia il basso Fender di un turnista che non si presenta alla sessione, sostituendolo non soltanto quel giorno ma – da lì in avanti – praticamente ovunque. Ma ovunque per davvero.
Grazie alle sue originalissime linee, al suo approccio pragmatico e puntuale, alla sua metodicità e grande professionalità, diventa la bassista più richiesta in assoluto… per oltre mezzo secolo!!!
Più di mezzo secolo di turnismo
“The greatest damn bass player in the world” l’ha definita Brian Wilson, volete sapere perché? Perché è impossibile, veramente impossibile, che non l’abbiate mai sentita suonare. Eccone la prova.
Un minimo “assaggio” della inenarrabile e – forse – inestimabile, onnipresenza della Kaye in tutto ciò che sicuramente conoscete (e non solo).
Alla chitarra ha sugellato “La Bamba” di Ritchie Valens, “The Beat Goes On” di Sonny & Cher, “Bang Bang” di Cher, “What the World Needs Now” di Jackie De Shannon.
Al basso ha incendiato “Light My Fire” dei Doors, “Good Vibrations”, “Help Me Rhonda”, “I Get Around” e “California Girls” dei Beach Boys, “River Deep”, “Mountain High” di Tina Turner, “Something Stupid” di Frank e Nancy Sinatra, “These Boots Are Made for Walking” di Nancy Sinatra, “I’m a Believer” dei Monkees, “Feeling Alright” di Joe Cocker, “The Way We Were” di Barbra Streisand, “I Was Made to Love Her” di Stevie Wonder, “Ain’t No Mountain High Enough” di Diana Ross, “A Little Less Conversation” e “Suspicious Mind” di Elvis e poi le colonne sonore di film come Romeo e Giulietta e Il Padrino o di serie tv famosissime, da Mission Impossibile alla Famiglia Addams, passando per Wonder Woman e Love Boat.
Insomma, una regina delle session, no… LA Regina delle session.
«Bisogna sempre avere la musica nella propria vita. Sforzatevi di ascoltare la musica e di rinfrescarvi. Uscite e ascoltate band e gruppi musicali, noterete i veri sentimenti che entrano finalmente nella vostra vita. Stiamo tutti cercando di fingere che le cose non facciano male o non abbiano importanza. Stiamo cercando di fingere e di avere una bella faccia. È fasullo. La musica non è fasulla. Se suonando esprimi ciò che hai dentro, arriverai anche al “dentro” di qualcun altro. È più profondo di qualsiasi cosa si possa mai fare. Restate in contatto con la musica, perché si prenderà cura di voi. Questo è il mio consiglio.»
Dietro la leggenda
Dopo gli anni ’70 il music business non le frutta come vorrebbe. Si è sempre distinta per essere una professionista ed una gran lavoratrice, quindi sa bene di dover mettere su un piano b.
Decide, allora, di tornare al suo primo amore: l’insegnamento.
Nel frattempo compone libri di teoria e pratica dello strumento, limitando il lavoro in studio a colonne sonore per il cinema e la tv. Si concede uno svago, tra una lezione e l’altra: suonare il bebop con le migliaia di musicisti che ha conosciuto nella sua incredibile e strepitosa carriera… ed è ancora il suo passatempo preferito.
La musica, però, non è mai stata davvero un passatempo per Carol Kaye, non poteva permetterselo.
Oggi, a 86 anni, dà lezioni di basso su Skype (ad una cifra davvero modica, peraltro, 50 dollari per 45 minuti), quella bambina prodigio che ha fatto del suo impegno abnegato e della sua voglia di arrivare un marchio di fabbrica.
Una compenetrazione di opposti, la Kaye.
Eccezionalmente dotata, ma sempre puntualissima, impeccabile nel rispettare le indicazioni e creativa al momento giusto.
Ha influenzato generazioni e generazioni ed è nelle nostre orecchie, in fondo, da sempre. Tanto silenziosa nei meriti, tanto potente nei dischi, facendo ruggire il suo Fender come una leonessa incazzata. Ed è esattamente questo: una leonessa.
Si pensa che genio e costanza non convivano di buon grado. Alcuni addirittura sono convinti che i talenti siano per forza innati e che coltivare una passione sia – talvolta – uno spreco di tempo.
Io dico che la vera grandezza nasce solo dall’umiltà.
Adoro le divinità terrestri come Carol Kaye: sono superiori al resto del mondo, ma hanno la classe di non farglielo notare.
Semplicemente e silenziosamente, lo rendono un posto migliore, più figo, più ritmato.
Baci velenosi e ritmati,
Vanì Venom