Calzini power
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Marginalia #uno
Dimmi che scarpe indossi e ti dirò chi sei.
Il proverbio non recitava esattamente queste parole, ma… fa niente!
Nel mondo delle subculture le scarpe sono un accessorio imprescindibile, che implica – spesso – un sentire comune, un’appartenenza.
Le generalizzazioni – si sa – celano sempre al loro interno le dovute eccezioni. Tuttavia alzi la mano chi non pensa agli skin o ai punk guardando un bel paio di anfibi bordeaux. E i mocassini? Affondano le loro radici nelle usanze degli Indiani d’America, ma dai 40s ai 60s andavano davvero forte. Così, oggi, li calzano tanto i mods quanto qualche rocker in tiro. Uuuh le creepers, che fanno impazzire teddy boy e psychobilly, nella variante animalier – s’intende. Per non scontentare le donne, poi, la lista delle (più o meno) seducenti calzature e della loro varietà nel corso dei decenni potrebbe divenire sterminata, inenarrabile forse.
Ma c’è una cosa – una soltanto – che mette tutti d’accordo, a prescindere dai BPM e dalla lunghezza delle basette: i calzini.
Era il lontano 1944 quando i calzini giocarono un ruolo di prima linea per le sorti del mondo. Avete capito bene: i calzini, in qualche maniera, hanno stravolto la storia del pianeta.
L’American Junior Red Cross – in un momento molto critico della seconda guerra mondiale – sforna la geniale idea di finanziare la nazione attraverso un’iniziativa strepitosa, destinata ad un futuro brillante e duraturo: i sock hop.
Sono bastati appena quattro anni e, dal 1948, queste riunioni di adoloscenti a base di musica popolare e danze sfrenate all’ultima ascella sudata, sono diventate una vera e propria mania negli States!
Palestre scolastiche, mense e caffetterie, con i loro pavimenti lucidi laccati, si sono tramutate in vere e proprie piste da ballo, gremite di ragazzi e ragazze… in calzini. Già, in calzini.
Avete presente le madri ossessionate dalla cura per il parquet che, da piccoli, vi costringevano a togliere le scarpe se avevano appena lavato a terra? Ecco, ripescate questo micro-trauma nei vostri ricordi infantili e applicatelo ad una selezione musicale in vinile fighissima. Quando andava bene c’era addirittura una band live ad allietare i piedi scalzi e le giovani orecchie degli adolescenti americani.
L’usanza, in brevissimo tempo, diventa talmente amata e diffusa che Danny and the Juniors gli dedicano un pezzo strepitoso!
Poi sono arrivate le scarpe da ginnastica, a guastare la festa. Nuovi materiali, nuove forme e nuovi design – figli del boom economico e di un’evoluzione irrefrenabile – hanno fatto declinare l’usanza di togliere le scarpe prima di entrare in pista. Quasi d’improvviso le calzature da palestra hanno conosciuto la loro alba e i calzini il loro tramonto, condannati ormai all’invisibilità.
Così i sock hop sono diventati “solo” gli hop e hanno spopolato un po’ ovunque, prima nel mondo britannico e poi hanno contagiato tutto il vecchio continente.
Me li immagino, i boys, a strofinare bene i piedi sotto la doccia e ad ossessionare le madri per rammendare gli immancabili buchi sull’alluce. Me le vedo, le girls, ad acquistare i merletti più belli per fare l’orlo ai calzini.
Mia nonna me lo ripeteva di continuo: “Mi raccomando, esci sempre con mutande e calzini belli!”
Sarà stata a qualche sock hop, sicuramente.
Più di un evento mondano, meglio di un’uscita a cena, oltre un semplice dj-set…i sock hop sono stati un rito di passaggio: l’ingresso nel magico e pericoloso mondo dell’incontro con l’altro sesso.
E forse era una bella metafora da insegnare ai giovani: ci si avvicina all’altro in punta di piedi, con rispetto, a tempo di musica.
Baci velenosi, Vanì Venom
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